Il rapporto tra la disciplina del Patrocinio a spese dello Stato e l’istituto della distrazione delle spese processuali è stato acclarato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza 26 marzo 2021 n. 8561.
In quella sede infatti, è stata pacificamente dichiarata la compatibilità fra i due istituti ed è stato escluso che l’istanza di distrazione delle spese avanzata dal legale ex art.93 cpc possa costituire rinuncia implicita al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, con la conseguenza della revoca del beneficio sin dall’ammissione.
È stata posta l’attenzione sulla circostanza per la quale il beneficiario dell’ammissione al Patrocinio è esclusivamente il cliente non abbiente e non il difensore; il difensore, infatti, è privo del potere di disporre di un diritto proprio della parte assistita. Ciò detto, la rinuncia all’ammissione può provenire solo dal beneficiario, mentre l’istanza di distrazione costituisce un diritto proprio ed esclusivo dell’avvocato, che può trovare accoglimento fintanto che la controparte venga condannata al pagamento delle spese.
Da un punto di vista deontologico è bene evidenziare tuttavia, che l’avvocato deve sempre agire in conformità al mandato ricevuto e che pertanto, sapendo che il proprio cliente ha ottenuto l’ammissione al patrocinio, non può sottacere la circostanza, altrimenti incorrendo in violazioni deontologiche.
Si ritiene pertanto che l’avvocato possa presentare istanza di distrazione solo laddove consti espressa rinunzia da parte del cliente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato: così da ultimo si è espresso il CNF nel luglio 2023.
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