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IL WHATSAPP E LE AMMISSIONI DELL’AVVOCATO

Il CNF sanziona per violazione dei doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi (art. 19 CDF) un avvocato che aveva criticato una collega, affinché il cliente di questa la sostituisse con altro legale all’uopo indicato.

A tutta prima, sembra che la prova della colpevolezza in sede disciplinare si fondi esclusivamente sulla messaggistica WhatsApp, intercorsa tra l’avvocato incolpato e un altro cliente, imputato in un procedimento penale.

Per tale motivo si è spinti a parteggiare per il collega censurato, quando invoca l’inutilizzabilità di tali conversazioni, vuoi perché corpo del reato di violazione di corrispondenza (art. 616 C.p.), dunque infruibile come prova giacché fruit of the poisoned tree, vuoi perché violazione delle garanzie di libertà del difensore e segnatamente dell’inviolabilità della corrispondenza tra difensore e assistito (art. 103 C.p.p.).

La pronuncia in esame, tuttavia, supera l’apparente impasse con due mosse.

In primo luogo, riafferma il principio per cui il potere disciplinare del CDD “è esercitabile d’ufficio e non presuppone un esposto, né un interesse dell’esponente”.

Da ciò deriva che la procedibilità dell’azione disciplinare è impermeabile alle modalità – al limite anche illecite – con cui l’(eventuale) esponente documenti condotte esecrabili. Dunque male captum, bene retentum, pur con i correttivi attuabili “in sede di ammissione e di valutazione delle prove”

In secondo luogo, ribadisce l’insegnamento di Cassazione (SS.UU. sent. 36660 del 14.12.2022) secondo cui “nel giudizio disciplinare nei confronti di un avvocato, le dichiarazioni rese dall’incolpato al consigliere istruttore nel corso della fase pre-procedimentale possono essere valutate quale elemento di prova contro il dichiarante”. In senso conforme, per il CNF (sent. 142/2022), “la confessione … può essere valutata come prova sufficiente di responsabilità del confidente in presenza di riscontri esterni, o indipendentemente dagli stessi, quando il CDD valuti le circostanze (obiettive e subiettive) che hanno determinato ed accompagnato la confessione”.

Dirimente è il principio di autoresponsabilità: “la parte deve adeguatamente valutare la portata delle proprie dichiarazioni”.

In definitiva: l’avvocato è sanzionato, poiché aveva sostanzialmente ammesso i fatti oggetto di incolpazione…il WhatsApp non c’entra.

https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2023-139.pdf

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