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RADIAZIONE, REISCRIZIONE, CONDOTTA IRREPRENSIBILE

L’art. 62, comma 10, Legge professionale forense prevede che il professionista radiato possa chiedere di essere nuovamente iscritto, decorsi cinque anni dall’esecutività del provvedimento (e non oltre un anno dalla scadenza di tale termine); con la conseguenza, che egli, ai fini dell’accoglimento della domanda, dovrà necessariamente dimostrare il possesso dei requisiti di cui all’art. 17 L.P.F. tra cui quello di “essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense” (attuale lettera h, ovvero la già “condotta specchiatissima e illibata”)

Può considerarsi “di condotta irreprensibile” il professionista resosi responsabile pochi anni prima di così gravi condotte da essere stato sanzionato con la radiazione dall’albo? Si tratta di un caso di “perpetuazione della sanzione” o piuttosto, ai fini della dimostrazione del possesso del suddetto requisito di comportamento, vi è necessità di un quid pluris successivo, idoneo ad eliminare le conseguenze della condotta già sanzionata?

La Suprema Corte a Sezioni Unite, con sentenza n. 22511 del 26 luglio 2023, richiamando l’art. 17 comma 15 L. 247/2012 (“L’avvocato cancellato dall’albo … ha il diritto di esservi nuovamente iscritto qualora dimostri la cessazione dei fatti che hanno determinato la cancellazione”), ha ritenuto che debba essere valutata la successiva riparazione del danno come presupposto per la re-iscrizione, a prescindere dal fatto che tale elemento sia stato posto a fondamento dell’inflitta sanzione della radiazione.

Oggetto dell’esame del COA, ai fini della decisione sulla re-iscrizione all’albo, dovrà dunque essere il comportamento dell’istante nel periodo successivo alla radiazione e, in particolare, l’esistenza di condotte riparatorie idonee ad eliminare le conseguenze dannose dell’illecito commesso.

La Suprema Corte, nella sentenza in commento, richiama infatti il precedente a Sezioni Unite n. 30589 del 20 dicembre 2017 e, in particolare, la considerazione che ciò non comporti alcuna perpetuazione della sanzione, in quanto viene ad oggetto il comportamento dell’istante successivo all’irrogazione della sanzione stessa, nella valutazione del quale la mancata riparazione costituisce indice negativo ai fini del giudizio prognostico relativo alla recuperata affidabilità del professionista.

Il principio sancito, a più riprese, dalle Sezioni Unite è dunque in linea e conferma  l’unanime orientamento del Consiglio Nazionale Forense, il quale ha ripetutamente stabilito che “la valutazione della condotta irreprensibile (art. 17 L. n. 247/2012), che la legge richiede per la re-iscrizione nell’albo a seguito di cancellazione disciplinare o radiazione, non può limitarsi all’esame dei comportamenti dell’avvocato precedenti alla condanna disciplinare, poiché altrimenti di nessun professionista già ritenuto meritevole di radiazione disciplinare potrebbe mai essere disposta la reiscrizione”, con ciò escludendo l’ipotesi di una “perpetuazione della sanzione”. “Ai fini della reiscrizione è infatti necessario valutare il comportamento successivo del richiedente, compreso il risarcimento delle parti lese” (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 180 del 21 ottobre 2022).

https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/cass/2023-22511.pdf

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