La disciplina deontologica del conflitto di interessi, con il moltiplicarsi degli ambiti di possibile esercizio dell’attività professionale, viene all’attenzione sempre più frequentemente e riveste invero particolare delicatezza.
Il Codice Deontologico Forense dedica una specifica disposizione al conflitto di interessi, l’articolo 24, anche se anche altre norme possono considerarsi espressione dei medesimi principi, o quanto meno agli stessi correlate, quali, a esempio, le previsioni dettate dall’articolo 68 riguardo all’assunzione di incarico contro una parte già assistita o dal terzo e dal quarto comma dell’articolo 49, a mente dei quali, rispettivamente, l’avvocato non deve assumere la difesa di più indagati o imputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di altro indagato o imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso o collegato e l’avvocato indagato o imputato in un procedimento penale non può assumere o mantenere la difesa di altra parte nell’ambito dello stesso procedimento.
Può accadere che l’Avvocato, nell’assumere la difesa, almeno in una fase iniziale del rapporto professionale con la parte assistita, non abbia chiaro chi sia l’antagonista, la controparte del difeso.
Ciò può avvenire, in particolare, allorché l’esigenza di attività difensiva si presenti connotata dall’urgenza come, a esempio, quando si tratti di difesa penale.
Pare interessante considerare quanto espresso dal Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 211 del 2023, proprio riguardo a concreta fattispecie avente tali connotati.
Il Giudice disciplinare di secondo grado, in relazione al concreto caso esaminato, ha affermato che non “…può affermarsi che un avvocato abbia l’onere, prima ancora di accettare un mandato defensionale, di accertarsi chi esattamente sia la persona della controparte del soggetto che gli chiede di assumere un incarico. Al proposito basti ricordare che, proprio in ambito penale, è pressoché normale che l’incarico venga affidato, ed accettato, quando non sia neanche possibile conoscere il nome delle persone offese e, addirittura, che sia persino atto dovuto quello di svolgere l’attività defensionale in favore dell’indagato \ imputato quando ancora nemmeno si conoscono i nominativi delle persone offese del suo reato. Non va trascurato che, in questa materia e specie per il professionista incaricato della difesa penale, è assolutamente preminente l’interesse dell’indagato \ incolpato a ricevere ogni opportuna assistenza tecnica di cui deve essere garantita anche la continuità sicché anche un’eventuale rinunzia al mandato per l’emersione di profili di incompatibilità deve avvenire senza arrecare alcun pregiudizio alla posizione dell’indagato con le ulteriori conseguenza che, al riguardo, non possono pretendersi automatismi o assoluti sincronismi tra il momento in cui si abbia contezza dei profili di incompatibilità e la formale rinuncia al mandato, dovendosi invece ritenere che la comunicazione al cliente e poi all’autorità giudiziaria deve intervenire con tempi adeguati e ragionevoli in funzione dei preminenti, per come si è detto, interessi di tutela dell’indagato.”
In primis, quindi, la salvaguardata la difesa, essenza del patrocinio forense, difesa che, per altro, deve poi cessare in presenza di situazioni di incompatibilità o di conflitto di interesse che, a loro volta, costituiscono evidente negazione di un corretto, effettivo esercizio del mandato difensivo.
https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2023-211.pdf
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