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LA RINUNCIA AL MANDATO E GLI OBBLIGHI DELL’AVVOCATO

Il Codice Deontologico Forense disciplina la rinuncia al mandato all’articolo 32, nell’ambito del Titolo II dedicato al rapporto tra l’Avvocato e il cliente e la parte assistita.

Espresso al primo comma il principio, non discutibile, che l’avvocato ha la facoltà di recedere dal mandato sia pure “con le cautele necessarie per evitare pregiudizi alla parte assistita”, nei commi successivi la norma in questione fissa alcuni obblighi che l’Avvocato deve rispettare in caso di rinuncia al mandato, a valere, per altro, anche qualora intervenga revoca del mandato, e precisamente:

  • l’avvocato deve dare alla parte assistita un congruo preavviso e deve informarla di quanto necessario per non pregiudicarne la difesa;
  • l’avvocato, dopo la rinuncia al mandato, nel rispetto degli obblighi di legge, non è responsabile per la mancata successiva assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore;
  • l’avvocato deve comunque informare la parte assistita delle comunicazioni e notificazioni che dovessero pervenirgli.

Uno degli aspetti che a volte induce dubbi e incertezze nel professionista forense è quello relativo alla necessità o meno, nel caso in cui sia intervenuta rinuncia al mandato o la sua revoca, di pur tuttavia dover o poter svolgere attività difensiva in favore degli ormai ex cliente e/o parte assistita.

Invero, il Codice Deontologico Forense appare chiaro nello stabilire, come detto, che l’avvocato, dopo la rinuncia al mandato, non è responsabile per la mancata successiva assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore, e ciò dovrebbe essere tranquillizzante quanto agli aspetti deontologici.

Le perplessità che insorgono sono invero conseguenti alle previsioni dettate dai codici di rito civile e penale per i casi di rinuncia o di revoca del mandato, rispettivamente dagli articoli 85 del codice di procedura civile e 107 del codice di procedura penale, e possono ricondursi agli interrogativi sul persistere, e in quali termini, in capo al difensore dello ius postulandi.

In proposito, e con i limiti propri di questo sintetico contributo per il sito della Camera di Deontologia Forense, pare interessante segnalare la decisione resa dal Tribunale di Torino in data 25.05.2023, pubblicata in data 26.05.2023 con il n. 2218/2023, che può leggersi in Banca dati merito del Ministero della Giustizia, in giudizio nel quale si trattava, oltreché di altre istanze, anche di una pretesa responsabilità civile del professionista forense per non avere quest’ultimo svolto alcuna attività difensiva dopo la rinuncia al mandato.

Il Giudice piemontese, in particolare, nel respingere la specifica domanda avanzata nei confronti dell’Avvocato, così ha motivato:

“L’art.. 85 c.p.c. consente a entrambe le parti di recedere liberamente dal mandato ancorché, al fine di limitare i disagi provocati dalla rinuncia alla controparte, disponga che “la procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore ”.

Quanto agli effetti della rinuncia e della revoca, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in linea con l’effetto della perpetuatio dello ius postulandi ad evidente tutela della controparte e a garanzia della prosecuzione del processo, il difensore che abbia rinunciato al mandato, mentre conserva, fino alla sua sostituzione, la legittimazione a ricevere gli atti indirizzati dalla controparte al suo assistito, non è più legittimato a compiere atti nell’interesse del mandante , atteso che la rinuncia ha pieno effetto tra il cliente ed il difensore e determina il venir meno del rapporto di prestazione d’opera intellettuale instauratosi con il cosiddetto contratto di patrocinio (cfr.. Cass. n. 13858/22013; n. 1085/11996).

Il principio della immediata cessazione del rapporto contrattuale tra professionista e cliente dal momento della comunicazione della rinuncia e del venire meno (da tale momento) della legittimazione del difensore al compimento di ulteriori attività difensive è stato di recente ribadito dalla S.C.. che ha sul punto statuito: “la rinuncia al mandato – al pari della revoca della procura – non ha effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore e non esime il difensore rinunciante, sino a quando non ha informato il cliente, dal compimento di quelle attività difensive immanenti, connesse alla funzione di procuratore presente in udienza…: in buona sostanza il difensore al quale è stato revocato il mandato non è più legittimato a compiere atti nell’interesse del mandante ma tali effetti decorrono solo dal momento della revoca in poi, mantenendosi validi tutti gli atti difensivi precedentemente svolti”. (cfr.. Cass. n.. 28004//2021). E ancora “l’art. 85 c.p.c., prevedendo l’inefficacia della rinuncia o revoca fino a sostituzione «nei confronti dell’altra parte», non concerne il rapporto interno di mandato, dove la rinuncia e la revoca hanno effetto, come qualsiasi dichiarazione ricettizia, sin dal momento in cui siano state comunicate alla controparte negoziale (Cass. n. 9994/1992) ” (cfr.. Cass. n. 31687/2019).

Ciò conformemente a quanto disposto anche dall’art. 32 del Codice Deontologico Forense che all’art. 32 comma 4 prevede “L’avvocato, dopo la rinuncia al mandato, nel rispetto degli obblighi di legge, non è responsabile per la mancata successiva assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore”.”

Sul tema della rinuncia al mandato vale anche richiamare l’attenzione di chi legge anche sulla più recente sentenza emessa dal Consiglio Nazionale Forense in data 16 giugno 2023 con il n. 127, la quale conferma i contenuti della norma deontologica succitata e i principi che ne costituiscono il substrato, pur nel contempo richiamando l’Avvocato, per le ragioni che vanno colte dalla motivazione del provvedimento, a comunque non disinteressarsi dell’assistito nel momento stesso in cui intervenga la rinuncia al mandato o tale mandato venga revocato.

Al pari della revoca da parte del cliente, la rinuncia al mandato da parte dell’avvocato non produce effetto immediato: in capo al difensore permangono, in via esemplificativa, l’elezione di domicilio e l’obbligo di informare l’(ex) assistito di eventuali notifiche e comunicazioni ricevute, fino a quando non intervenga un nuovo difensore o sia decorso l’eventuale termine a difesa, sicché non è corretto disinteressarsi dell’assistito prima che ciò si verifichi.

https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2023-127.pdf

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Camera di Deontologia Forense di Udine
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