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INFORMAZIONE AL PUBBLICO DEI NOMI DEI CLIENTI E DELL’ATTIVITA’ SVOLTA

Quante volte accade, consultando siti web o un social, di imbattersi nella comunicazione di un Avvocato il quale riferisce di avere svolto una specifica attività, giudiziale o stragiudiziale, per un cliente del quale vengono indicate le generalità…

Un simile comportamento deve invero confrontarsi con la norma dell’articolo 35, 8° comma, del Codice Deontologico Forense, disposizione che statuisce che “Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano.”.

In proposito si è recentemente espresso il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 294 del 2024, in calce.

Il Giudice di secondo grado, nell’interessante arresto, sottolinea come la precitata norma è strettamente collegata non solo alle previsioni dell’art. 10 della Legge 247/2012 e dell’art. 17 del Codice Deontologico Forense, che disciplinano entrambe le informazioni sull’esercizio dell’attività professionale, ma deve anche essere letta in correlazione a quanto disposto dall’art. 28 (“Riserbo e segreto professionale”) e dall’art. 37 (“Divieto di accaparramento”) del medesimo Codice.

E invero la menzionata norma tutela non solo il diritto/dovere di riservatezza e segretezza, ma anche l’immagine, la dignità ed il decoro della professione: “L’avvocato non è, infatti, solo un libero professionista ma anche il necessario “partecipe” dell’esercizio diffuso della funzione giurisdizionale, dal momento che nessun processo (salvo i processi civili di limitatissimo valore economico) può essere celebrato senza l’intervento di un avvocato. E proprio la forte valenza pubblicistica dell’attività forense spiega perché il rapporto tra il professionista ed il cliente (attuale o potenziale) rimanga in buona parte scarsamente influenzabile dalla volontà e dalle considerazioni personali (o dalle valutazioni economiche) degli stessi protagonisti e come possa, pertanto, non risultare dirimente -nel senso di escludere il relativo divieto- il consenso prestato dai clienti del medesimo avvocato alla diffusione dei propri nominativi a fini pubblicitari. E lo stesso dovrebbe valere nell’ipotesi in cui il nominativo della parte assistita sia reso noto da terzi anche tramite pubblicazioni via internet o a mezzo stampa. La previsione dell’art. 35 comma 8 del NCDF secondo la quale è vietato all’avvocato, nelle informazioni al pubblico, indicare il nominativo dei propri clienti, ancorché questi vi consentano, va intesa nell’ottica di una necessaria cautela diretta ad impedire una diffusione che potrebbe riguardare non solo i nominativi dei clienti stessi ma anche la particolare attività svolta nel loro interesse con interazioni di terzi, prestandosi ad interferenze, condizionamenti e strumentalizzazioni. Il bene tutelato dalla norma è chiaramente anche l’autonomia del professionista in stretta correlazione con la dignità ed il decoro della professione: l’aver negato rilevanza alla volontà delle parti ne è evidente dimostrazione.”.

https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2024-294.pdf

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Camera di Deontologia Forense di Udine
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