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IMPUGAZIONE DEFATIGATORIA DELL’AVVOCATO SANZIONATA

L’Avvocato incolpato propone ricorso per cassazione avverso a sentenza del Consiglio Nazionale Forense, contestando l’irrogazione a suo carico di richiamo verbale e affidando l’impugnazione a trentotto motivi: qualora tali plurimi motivi di impugnazione siano tutti inammissibili, giuridicamente infondati, nonché più privi di qualsivoglia elemento tale da indurre la Corte ad un eventuale ripensamento circa la consolidata giurisprudenza in materia, tale condotta processuale viene considerata abusiva, meritevole di sanzione a sensi dell’articolo 96, 4° comma c.p.c. che ha una funzione deterrente oltrechè sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori.

In tal senso si è espressa Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 04.02.2025 n. 4840, e se ne riporta parte della motivazione resa: “Tuttavia la proposizione stessa del ricorso, con la formulazione di numerose censure nella maggior parte dei casi prive di un reale confronto con l’effettivo contenuto della decisione gravata, e volte spesso a proporre questioni di merito inammissibili in questa sede, con la moltiplicazione dei motivi di impugnazione e con la evidente mancata presa in esame della costante giurisprudenza di legittimità, reiterando, senza nemmeno offrire elementi per indurre la Corte ad un ripensamento, tesi del tutto prive di fondamento giuridico, denota una condotta processuale evidentemente suscettibile di essere qualificata come abusiva (cfr., con riferimento all’esercizio del diritto di impugnazione, Cass. n. 5725/2019; Cass. n. 29812/2019). Ricorrono pertanto i presupposti per addivenire alla condanna a favore della cassa delle ammende, ex art. 96, co. 4, c.p.c., in danno del ricorrente, per l’ammontare che queste Sezioni Unite, in relazione alla rilevanza della condotta posta in essere, ritiene di determinare nell’importo di € 5.000,00, non rilevando a tal fine il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato, essendosi in tal senso già precisato, sebbene in ordine alle sanzioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., con principi sicuramente applicabili anche nel caso di applicazione diretta dell’art. 96 co. 4 c.p.c., che la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, c.p.c. in favore della cassa delle ammende deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo essa una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass. S.U. n. 27195/2023; Cass. n. 27947/2023)”.

https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/cass/2025-4840.pdf

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Camera di Deontologia Forense di Udine
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