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SEGRETO PROFESSIONALE E PROCESSO IN ABSENTIA

Merita di essere segnalata Cassaz. pen. sentenza n. 48776 del 15.11.2023, che, specificatamente in tema di processo penale in assenza dell’imputato, risponde al quesito se sia onere del difensore d’ufficio, specie se abbia ricevuto la notificazione degli atti ex art. 161, c. 4, C.p., di riferire al giudice se egli abbia instaurato contatti con l’imputato e se abbia potuto informarlo della celebrazione del processo, o, per converso, di segnalare che ciò non è avvenuto, chiedendo che non si proceda in assenza, oppure chiedendo la revoca dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 420 bis C.p.p.

Tale pronuncia risulta interessante anche alla luce di una recente prassi dei giudici penali – che va consolidandosi anche nel nostro foro – di chiedere al difensore che attesti se tra lui e il suo assistito si sia incardinato, oppure no, il rapporto professionale, al fine di trarre dall’eventuale risposta affermativa elementi per dichiarare l’assenza dell’imputato.

Ebbene, la Suprema Corte insegna che non si può imporre al difensore alcun obbligo in questo senso, poiché è compito del giudice verificare d’ufficio la sussistenza delle condizioni per procedere in assenza, sulla base di quanto emerge dagli atti, senz’altro al momento della verifica della regolare costituzione delle parti, ma anche successivamente (come postula l’art. 420 bis, c. 7,  C.p., che impone la revoca, anche d’ufficio, dell’ordinanza dichiarativa dell’assenza e la rinotificazione degli atti all’imputato personalmente mediante la polizia giudiziaria, “se risulta che le condizioni per procedere in assenza non erano soddisfatte”).

Con particolare efficacia suasiva, a motivare questo insegnamento, la Corte di Cassazione richiama verbatim l’art. 13 del Codice deontologico forense, per il quale “l’avvocato è tenuto, nell’interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali”.

In forza di questa pronuncia, all’eventuale pretesa del giudice penale che il difensore attesti se vi siano stati contatti con l’assistito e se costui sia a conoscenza del processo, potrà a buon diritto opporsi il segreto professionale, senza timore che da tali omesse attestazioni possano essere desunti indici che il contatto vi sia stato e che, perciò, il cliente sia stato informato della celebrazione del processo a suo carico.

La sentenza è infine utile, poiché ricognitiva dei presupposti del processo in absentia enucleati dalle note pronunce delle SS. UU. Innaro (28912 del 28.02.19) e Ismail (23948 del 28.11.19).

https://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20231207/snpen@s40@a2023@n48776@tS.clean.pdf

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