L’avvocato non deve produrre, riportare in atti processuali o riferire in giudizio la corrispondenza intercorsa esclusivamente tra colleghi qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive e relative risposte.
Questa è la regola posta dal 1° comma dell’articolo 48 del Codice Deontologico Forense.
L’azione disciplinare che venga promossa a seguito della ritenuta commissione di illecito deontologico per violazione della norma or ora richiamata è, come noto, soggetta alla prescrizione prevista dall’articolo 56 della Legge Professionale Forense n. 247/2012.
Rispetto alla violazione in questione da quale momento decorre il sessennale termine di prescrizione dell’azione disciplinare?
La Giurisprudenza disciplinare più recente ritiene, anche alla luce del tenore letterale del disposto della norma deontologica, di trovarsi di fronte a un illecito deontologico di carattere istantaneo che, nel caso specifico, si consuma ed esaurisce al momento stesso della produzione in giudizio della corrispondenza riservata tra colleghi.
Valga per altro rammentare che un più risalente orientamento giurisprudenziale qualificava il medesimo comportamento quale illecito di carattere permanente valorizzando, nell’esame della concreta fattispecie oggetto di giudizio, la circostanza che la violazione non si esauriva con la produzione della corrispondenza riservata in quanto la condotta posta in essere iniziava all’atto del deposito della missiva ma si protraeva nel tempo per effetto della utilizzazione del documento nel corso del processo, attraverso i richiami allo stesso in atti di causa.
https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2024-332.pdf
https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2014-117.pdf
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